La
tradizione vuole che sia stato il Gran Conte Ruggero a fare costruire,
tra i secoli XI e XII, una fortezza
situata nel posto più alto e più inaccessibile della Valle, ad oltre
420 metri sul livello del mare, forse sui ruderi di una fortificazione
preesistente. Ad essa si può accedere alla fine di una lunga e ripida scalinata
di pietra che s’inerpica stretta e sinuosa a ridosso
dell’asprissima rupe.
Il portone d’ingresso al forte é costituito
da grandi blocchi di pietra "locale" soverchiati dal tipico
ballatoio. Sull’architrave una scritta ricorda la ristrutturazione del
castello avvenuta nel 1595 ad opera dei Giurati e Deputati forzesi.
Nella parte interna della fortezza eccellono alte cinte
murarie provviste di strette feritoie. Al di là del terrapieno,
nel cuore del Castello, si ergono alcune costruzioni: si tratta degli
alloggiamenti dei soldati, dei magazzini per le granaglie e dei resti
della Chiesa del Crocifisso,
di cui svetta la torre campanaria.
Nell’elevato luogo fortificato, alcuni pozzi, atti
all’approvvigionamento dell’acqua, sono distribuiti qua e là.
La tradizione popolare vuole che nel castello fosse
stato realizzato anche un passaggio segreto. Certo è che alcune grotte
sono presenti ai fianchi della rupe, particolarmente nel lato Sud al di
sotto della cinta muraria, forse rifugio un tempo per eremiti.
In uno spiazzo sopraelevato, posto presso la Chiesa,
si distingue, per la forma simile ad una grotta, quella che la
tradizione ritiene essere la "polveriera"
della fortezza.
Nel 1876 il Castello di Forza d’Agrò è divenuto
un ... camposanto. Nel
nuovo sito, le tombe, caratteristiche perché tutte disuguali, alcune
alte, altre basse, disposte in tutte le direzioni non seguendo alcun
senso geometrico, hanno fatto di questa fortezza una "città
morta".
Ad un tiro di schioppo dal Castello, si erge la
Guardiola,
che svetta con la sua sagoma massiccia dominando su tutto l’orizzonte.
Da queste altezze lo sguardo può ruotare di 360
gradi, rimanendo affascinato dalle bellezze artistiche e naturali. Prima
fra tutte Magghia, quindi i terreni coltivati del Vignale
e quelli più lontani, l’Etna
fumante, la Fiumara d’Agrò e tutto il
paese, con le sue
chiese, le sue stradine, i tetti di tegole, la vegetazione selvaggia, il
mare sottostante; tutto splende sotto i raggi di un sole che sembra
accarezzare per non far male.
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