Dai
Peloritani si vola. In tutti i sensi. Se riuscite a volare con lo
sguardo lungo la costa, dovunque voi siate, vedrete l'altra costa,
"il braccio del continente", la Calabria. E se lo sguardo
vola l'immaginazione certo non gli è da meno; un esuberante
fantasia può anche tradurre in realtà le sue aspettative e, se
sognate di volare, vi basterà guardarvi in torno per vedere, nelle
belle giornate, leggeri e coloratissimi parapendii solcare il cielo
dei Peloritani in prossimità di Taormina, Letojanni, Forza D'Agrò.
Per chi resta a terra, le alture a strapiombo sul mare di Forza D'Agrò,
suppliscono egregiamente all'emozione del mancato volo. Qui siamo a
quota 450 metri, tutti tradotti in rocce frastagliate a caduta
libera su un mare blu cobalto. I greci non a caso chiamarono "àrgennon
à Fran" argenteo capo, il dolomitico promontorio di roccia
bianca che sporge massiccio sulle onde, punto di avvistamento nei
secoli dei Forzesi. Sulla cima un antica fortezza, risalente al
'300, suggerisce alla memoria navi lontane sul mare e sulla terra,
un fuggi fuggi d'uomini pronti all'attacco e alla difesa. Il nome,
Forza D'Agrò, che alcuni sostengono provenga dalla forza delle
acque del torrente Agrò, altri lo vedono scaturire proprio da
quella fortezza, costruita per proteggersi dal nemico invasore e
dalle escursioni piratesche. La strada sale a serpentina sino
all'abitato. Del paese si hanno prime documentazioni nel 1117
quando, con suggello di Ruggero II, si ha notizia della donazione
del casale "Vicum Agrillae" al monastero dei frati
basiliani, amministratori della giustizia locale sino al XIV secolo.
La strada coi suoi tornanti mozzafiato ci porta sino al cuore del
paese; due belle piazze frontali l'una a l'altra, accolgono il
visitatore. Una, più piccola e con un belvedere dall'ampio respiro,
è dedicata al santo dell'omonima chiesa ivi situata, San Francesco,
l'altra più grande, piazza Cammareri, è snodo dei diversi tragitti
che si possono intraprendere per visitare il paese. Sino ad un
ventennio orsono chiamata "U Tunnu", oggi piazza Cammareri
è rappresentante del più moderno abitato ed anticamera del centro
storico. U' Tunnu, cioè il tondo, consisteva in una struttura
circolare in muratura posta al centro della piazza (ove oggi sorge
una recente, anonima fontana) con, all'interno della circonferenza,
tanti posti a sedere tutti rivolti verso il centro, per consentire
una comoda, piacevole conversazione, L'anima greca di certo ha
esaltato in questa sicula progenie che rispetta in modo così pieno
e partecipativo il fine dell'Agorà, della piazza, quale luogo di
ritrovo e scambio d'idee. Ma erano 20 anni fa, oggi il tunno è
scomparso e certe piazze dalla distanza dispersiva recano messaggi
di solitudine più che d'incontri. A proposito d'incontri, ancora
oggi è possibile imbattersi, nel vecchio centro di Forza D'Agrò,
in anziani contadini con il loro "sciccareddu" (asinello),
fatto degno di nota perché ormai sempre più raro e destinato ad
estinguersi. Svoltando a destra, da pizza Cammareri, si entra in via
Municipio, che porta sino alla chiesa della Triade, risalente alla
fine del '400. Bellissima la gradinata d'ingresso, semicircolare in
pietra arenaria, sovrastata da un portale gotico catalano dello
stesso periodo che da accesso ad una piazzale ricco di palmizi.
Addossato alla chiesa è il convento dei frati Agostiniani, sino a
pochi anni fa alloggio del Municipio, ora restituito al suo antico,
muto stupore di sede contemplativa. Nel chiostro abbandonato i raggi
del sole filtrano tra arbusti ed alberi alti più delle stesse
colonne. Dal belvedere antecedente il chiostro si profila la rocca
con il castello, dalla piazza Cammareri, si procede sino a piazza
SS. Annunziata, ove sorge la chiesa Madre.Costruita nel '400 ma
completamente distrutta dal sisma del 1648, fu interamente rifatta
nel '700, (unica parte scampata al terremoto è il portale).
L'interno a tre navate conserva una croce pignea del '300,
nell'abside si osservano 124 stalli di un coro in noce '700. Questo
è quel che è rimasto dopo i furti di due tele, calici d'oro, e del
bellissimo Gonfalone in legno intagliato che raffigurava la Madonna
col Bambino. Dalla Chiesa Madre al castello il passo è breve
ma...sostanzioso! Circa dieci minuti di strada in salita, circondati
dai muri di vecchie case abbandonate, porte e finestre racchiudono
un unico tesoro: quello della memoria. L'antico nucleo del paese è
li, fermo in apnea del tempo, si scorgono stalle e forni in pietra
dietro le aperture divelte, insegne sbiadite di vecchie osterie,
scale e scalette s'avvolgono intorno alle vuote abitazioni come
collane. Si vende tutto perché i Forzesi si sono trasferiti un
passo più giù, nella comoda ordinarietà del cemento armato. Chi
vuole un intero centro urbano? Da uno scorcio fra i muri si
intravede uno strapiombo che arriva a valle; il castello dall'alto
protegge tutto ciò che fu, infatti è adibito a cimitero con tombe
che risalgono ad oltre un secolo fa, avviluppate fra sterpi e
gramigna. Gli antichi abitanti, lasciate le loro dimore, si sono
trasferiti per sempre quassù e vegliano su quelle che furono le
loro case, i loro cortili, la loro vita. Il vecchio mulino del '700,
in via SS. Annunziata, fra i suoi perfetti ingranaggi di legno non
trova più, neanche a volerlo, un solo chicco di grano da macinare e
dietro la soglia delle case nel giorno di S. Nicola non ci sta più
niente. Un giorno come gli altri. Ma gli anziani sanno che il santo
era ghiotto dei "panuzzi" e loro li mettevano accanto ai
davanzali o dietro le porte. Il santo ricambiava la gentilezza proteggendoli
dalle bufere nei giorni invernali. Ma nel cielo della
vita anche i Santi s stufano o cambiano, alcuni emigrano, ne
giungono nuovi. Adesso è San Super Enalotto il primo in classifica.
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