La Vendemmia
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Il forzese beve il
vino ottenuto dalle sue vigne, le basse e piccole vigne, spesso lontane
dal paese, disordinate, ma ricche di grappoli; viti coltivate col sudore
della propria fronte, dalla lavorazione della terra alla sistemazione
delle canne o dei pali di legno, dalla potatura al trattamento col solfato
di rame.
La vendemmia si può considerare ancora un
"rito" collettivo, in quanto mobilita intere famiglie che
colgono l’occasione di scambiarsi commenti in armonia ed amicizia. Un
tempo, però, l’uva, raccolta nelle ceste, veniva trasportata con gli
asini nei palmenti del paese, pigiata con i piedi (che
divertimento per i bambini!) e quindi torchiata
a mano. Quanta fatica
traspariva dal viso abbronzato dei contadini per lo sforzo muscolare
compiuto! Il mosto che sgorgava dal torchio,
filtrato attraverso una cesta di canne che fungeva da crivello,
veniva raccolto nelle ampie e profonde vasche da dove, misurato con le
apposite quartare (recipienti di 10 litri), mediante gli otri
veniva inviato alle botti situate nelle rustiche e fresche
cantine delle case nell'attesa di diventare un buon vino, da assaggiare,
come vuole la tradizione, il giorno di San Martino.
La produzione di vino è tradizione antica. Anche i
Romani gustavano il vino di questi luoghi, denominato "Tauromenitano".
I tantissimi palmenti
scavati nella roccia e
diffusi in tutte le campagne rimangono come testimonianza di questa
antichissima tradizione. Ormai macchine moderne, veloci e non stancanti,
hanno sostituito anche i vecchi e grandi palmenti situati nel paese, in
particolare quello esistente nella casa Schipilliti, prima Garufi, in un
vicolo della Via SS. Annunziata. Oggi purtroppo il palmento è stato
eliminato per consentire i lavori di consolidamento nell’antico
edificio.
Il ritorno alla produzione del vino, ultimamente, sta
spingendo comunque tanti agricoltori ad edificare piccoli palmenti
direttamente nel terreno di loro proprietà destinato alla coltivazione
delle viti.
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