Sempre nella
tematica di comunità che sia pure distinte vivono momenti di
intenso rapporto attraverso il culto è da ricondurre quanto
avviene a Forza D'Agro e Gallodoro in due momenti particolari
del loro calendario rituale. Approfondirne la storia
equivarrebbe senza dubbio a visitare quella dell'intero
territorio su cui essi gravitano, da Letoianni a S. Teresa Riva
e al loro entroterra: un insieme di monti e valli su cui, quasi
a semicerchio, sorgono piccoli e antichissimi paeselli, tutti
connessi al ruolo storico della fìumara D'Agro.
Da una lettura
sul campo i due abitati in esame presentano molte affinità.
Medievali, occupano le pareti scoscese delle loro rupi con
castello e chiesa del Crocifìsso in vetta e Matrice egualmente
intitolata a Maria Assunta. Un basso reddito ed una forte
emigrazione si collegano ad una ridotta attività agricola basata
su vigneti e pochi cereali, sicché grosso polo di attrazione, ma
anche motivo di spopolamento, diviene Taormina e la sua costa.
Ciascuna
Matrice conserva il gonfalone della propria confraternita.
Cinquecenteschi, a forma di edicola gotica, in legno intagliato,
presentano al centro un'immagine di Madonna con Bambino ritenuta
opera del medesimo pittore57.
Ad entrambi,
l'uno della SS. Trinità per Forza D'Agro, l'altro dell'Assunta
per Gallodoro, si collegano le due feste di maggio e di agosto
che pur svolgendosi in anni alterni vedono ugualmente unite le
due comunità che si incontrano di volta in volta in un preciso
luogo del rurale, in prossimità di quell'urbano sede del rito.
Il luogo, il
cui toponimo «a Grutta» è analogo per ciascun paese, si trova a
nord degli stessi e avvia e conclude i relativi cortei
processionali. È plausibile ritenere che la sua scelta si
colleghi storicamente ad un particolare prodigio, forse legato a
un pronostico. Vi avviene infatti l'incontro degli stendardi che
oggi sostituiscono gli antichi gonfaloni. Con un rituale
estremamente suggestivo che vede raccolti quasi a cerchio i
confratelli, le due immagini si fanno a lungo ondeggiare sino al
combaciamento. Se ciò non accade è un segno della volontà
divina, ovvero sono la Trinità e l'Assunta che si respingono
manifestando l'incombenza di una prossima calamità.
Gli abitanti
ricordano in proposito che nel 1940, anno dell'inizio della II
guerra mondiale, vani furono i tentativi di avvicinare i due
stendardi.
Con l'ingresso
nel paese «ospitante», le successive funzioni in chiesa e la
processione urbana ha termine la festa58.
Va sottolineato
il suo alto valore simbolico; quasi un rito tribale di
fratellanza che nell'annullare i confini amministrativi, rende i
due paesi complementari tra loro, li unifica in un corpo unico:
due quartieri di uno stesso abitato, o forse più esattamente due
contrade di un unico territorio legate da una storia comune.
Altro argomento
denso di problemi ed estremamente sfaccettato sarebbe lo studio
della «proliferazione» dei santi. Sopratutto nelle grandi città
esso si collega in parte al rapporto spesso conflittuale e
raramente coincidente tra i culti del clero e quelli del popolo.
Le modalità con cui il primo si impadronisce dell'urbano si
esprimono, a livello fisico, nel costruito degli edifici
religiosi in genere localizzato in «punti» assolutamente
programmati, alcuni dei quali assumeranno nel tempo un ruolo
trainante nei confronti non soltanto delle aree libere del
territorio, che si andranno via via trasformando da contrade a
realtà parrocchiali, ma anche della vita che vi si svolgerà.
L'intero spazio pertinente alla comunità viene diviso in zone i
cui limiti e confini sono quasi sempre dettati dal potere della
parrocchia, chiesa particolare tra le tante, unica per ciascuna
zona e con pieni poteri su essa. Gli abitanti si dividono in
gruppi distinti di parrocchiani che nella loro reciproca
chiusura elaborano, sopratutto in campo religioso, culti e credi
diversi che spesso si aggiungono a quelli già numerosi del clero
locale. Ogni nuova chiesa al nascere viene infatti sacralizzata
attraverso la sua intitolazione ad uno specifico santo che ne
diviene il protettore in senso assoluto e al quale si collega
quasi sempre l'istituzione della relativa festa e quindi
l'introduzione di un nuovo culto che non è detto venga condiviso
da tutti gli abitanti o anche dai soli parrocchiani. Il popolo
della parrocchia trascura il santo o gliene contrappone uno suo;
pur riconoscendosi in esso in tali casi ne elude la rigida
normativa. Basterebbe in proposito ricordare come i
pellegrinaggi medioevali, al di là del movente religioso,
costituissero anche una possibilità di evasione dai chiusi e
ristretti ambiti della parrocchia59. Tali considerazioni non
risolvono evidentemente la complessa problematica dei
numerosissimi culti locali, ma ne potrebbero costituire una
chiave di lettura. Un esempio eclatante lo trasmette
Calta-girone, insediamento antichissimo che nell'impianto e nel
tessuto conserva intatta l'impronta medievale, nonostante il
ridisegno del suo monumentale dopo il terremoto del 16936". Una
ventina di santi costituiscono l'ufficiale del culto; ad essi ne
corrisponde un quasi analogo numero da parte degli abitanti,
chiaramente manifesti in quanto venerati all'interno delle
cento e più edicole disseminate nell'urbano in base ad una
logica interna difficilmente spiegabile. Tranne i pochi casi
comuni rappresentati da Maria SS. di Conadomini e S. Giacomo,
patroni, e ancora S. Francesco di Paola, la non coincidenza è
totale. L'intera comunità manifesta una straordinaria coesione
nel culto verso la Madonna, sia pure, come al solito, distinta
con attributi diversi: delle Grazie, del Ponte, l'Addolorata,
delle Lacrime, del Carmine, di Lourdes, di Pompei, del Rifugio.
All'opposto,
andrebbe ricordato come culti comuni in rapporti non
conflittuali tra élite e popolo, abbiano spesso generato da
parte di entrambi prodotti di eccezionale valore artistico nei
confronti dei quali non sempre è facile distinguere la priorità
storica dell'uno o dell'altro.
Un riferimento
tra tanti viene offerto dai culti di S. Lucia nel siracusano e
di S. Corrado nel territorio netino e dalle grandi affinità che
si riscontrano nelle relative urne e negli splendidi collari in
legno, scolpiti dai pastori degli Iblei61.
|